Atlante delle nubi – testo di Umberto Tesoro

Lì dove ho pianto – Giovanni Ricciardi,  2013   Atlante delle Nubi Errore tutto umano è quello di scambiare costantemente la propria capacità rappresentativa con l’oggetto rappresentato. Equivoco di fondo che anima i saperi, favola bella con finalità estremamente rassicuranti. La cartografia navale assolveva esattamente questa funzione, provare a tracciare i confini delle terre emerse, le… Continue reading Atlante delle nubi – testo di Umberto Tesoro

Iraqi dreams. Photos by Giovanni Ricciardi 2002

Sogni iracheni 100 foto dal cuore del vecchio Iraq Photo by Giovanni Ricciardi Baghdad, May 2002 Questa raccolta di foto non è solo il frutto di un viaggio, era maggio 2002 e vivere l’Iraq in quei giorni, respirare l’atmosfera prossima alla guerra è stato molto di più. Vedere Baghdad pochissimi mesi prima dell’attacco contro il… Continue reading Iraqi dreams. Photos by Giovanni Ricciardi 2002

Atlante delle nubi – Appunti

frtLa bellezza è un apice, il punto più alto di una vetta sopra un vuoto dove costantemente collassa. Respirazione dell’universo, la bellezza  non rimane mai stabile, non è che un ciclo continuo, naturale, fin quando s’alterna una frenesia inevitabile agli uomini, la volgarità che ad essa si  contrappone. Quella si che è invenzione degli uomini, la corrode subito, la sotterra.

Suggestioni – L’incomunicabilità del nulla

“Nuovo qui non è il fatto che esistano cose di cui non possiamo formare un’immagine – «cose» del genere si sono sempre conosciute, fra le quali per esempio, l’«anima», ma che le cose materiali che vediamo e rappresentiamo, e sulle quali avevamo misurato le cose immateriali non traducibili in immagini debbano a loro volta essere «inimmaginabili». Con la scomparsa del mondo sensibilmente dato, scompare anche il mondo q, e con esso la possibilità di trascendere il mondo materiale in concetti e pensieri. Non è quindi sorprendente che il nuovo universo sia non solo «praticamente inaccessibile» ma «nemmeno pensabile».” H.Arendt

Questi appunti di Hannah Arendt ritrovati nel testo di Claudine Haroche del libro “Farsi vedere” (ed. Giunti 2011), ben chiariscono la direzione dei miei lavori confluiti nella mostra Zeitgeist del 2010. L’ingiunzione alla visibilità continua di cui siamo tutti vittime e carnefici allo stesso tempo, apre le mie opere del 2010. La smaterializzazione di un immaginario possibile nei miei paesaggi, figure fatte veline, cortine su una realtà sempre più vuota di contenuti è proprio l’avvenuta caduta di ogni desiderio. Le parole della Arendt sono chiare, ma decadono quando l’arte adopera in base alla propria “ontogenesi” una leva proprio su tutto questo, spinge venti, scardina porte apparentemente inaccessibili per soglie impraticabili. L’incomunicabilità tra le genti paradossalmente proprio nell’era basata sulla “comunicazione”, è oggi sempre più evidente quando si adopera lo scambio come fine e non quale mezzo di una tutt’altra sostanza, di tutt’altri mondi desiderati. L’arte rimane la rappresentazione tangibile del desiderio in assoluto, il desiderio la sua principale linfa vitale.Qui il problema si fa serio non tanto per la legittimità dei desideri, ma per l’ostinazione che ne trascura l’impraticabilità e l’inattuabilità nel proprio quotidiano, ma é proprio qui che l’arte agisce e agirá con le sue urgenze.

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